Il vaccino per il COVID-19, probabilmente, ci salverà la pelle. L’Arte ci salverà (ancora) il presente.

Quando arriva la notizia di un salvataggio il nostro corpo distende le spalle e respira con la pancia.

Chi o che cosa ci libererà dalla perdizione?
Dopo mesi di assenza del pelle-a-pelle con l’altro, le mani sulle spalle, le carezze alla testa, il perdersi in un abbraccio, dopo aver vissuto passeggiando come se fosse un Campanon che sull’1 ci salti tu e sul 2 e 3 gli altri omini sassetti che ti vengono incontro, dopo aver abbassato tutto, la schiena, il capo, il naso, la bocca, lo sguardo, soprattutto lo sguardo, avendo insegnato al nostro corpo a come fare slalom più velocemente, per creare distanze, dopo, il dopo. Come sarà?

Sarà l’Arte, ancora una volta, a venirci in aiuto. Ci prenderà per mano e ci educherà, ad un nuovo modo di affrontare il momento, l’essere con sé, l’essere con l’altro, con la comunità. Da pedine di una scacchiera rispettosa a pedoni liberi rispettosi. Sì, ma come?

In posizione di pronto, come si fa in un training teatrale, con le ginocchia rilassate, la schiena dritta e morbida, le braccia lungo i fianchi, andando nello spazio con lo sguardo ad altezza uomo, ci condurremo con il nostro corpo nei luoghi, aperti o chiusi, in condivisione con altri esseri, con il coraggio di vederci e sentirci. E per rientrare in contatto?

Sarà l’arte figurativa a farci da guida.
Troveremo il coraggio per abbandonare l’impostazione stile “Gli amanti” di Magritte, per perderci tra le braccia di qualcuno come nel Bacio di Munch? Quante volte l’abbiamo sognato? Quante in quello di Hayez? Di Picasso? Torneremo a baciare e a baciarci con una nuova consapevolezza, ispirati da qualcosa che è più alto e forte. Entro nel tuo spazio? Lo faccio con cura.

Come torneremo ad abbracciarci?
Condivido una poesia di Dylan Thomas, “In my craft or sullen art“:

Nella mia arte scontrosa o mestiere
Praticata nel silenzio notturno
Quando soltanto la luna infuria
E gli amanti giacciono nel letto
Con tutti i loro affanni tra le braccia,
Io mi affatico a una luce che canta
Non per pane o ambizione
Né per pavoneggiarmi e vender fascino
Sui palcoscenici d’avorio,
Ma per il comune salario
Del loro più intimo cuore.
Non per il superbo che s’apparta
Dalla luna che infuria io scrivo
Su questi labili spruzzi di pagine
Né per i morti che torreggiano
Con i loro usignoli e i loro salmi,
Ma per gli amanti, che abbracciano
Tutte le angosce dei secoli,
Che non pagano lodi né salario
E non si curano del mio mestiere o arte.

Non passeremo dal gelo al calore in un istante, ci sarà una transizione, e troveremo il modo per abbandonare l’angoscia comune. Gli amanti ne “L’abbraccio” di Egon Schiele, così sensuale e allo stesso tempo romantico, struggente e forte, sprofondano totalmente l’uno nell’altro. E resistono.

Per la nostra resistenza, ed esistenza, torneremo allora a toccarci, per salvarci.

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L’Arte ci salverà (ancora) il presente